Cosa prevede la riforma del catasto?
Aggiornare il Catasto vuol dire avere una fotografia reale del numero degli immobili e dei terreni e il loro valore. Dal valore catastale dipende l’IMU, la tassa di successione, quella di registro, l’IRPEF sulla seconda casa, la determinazione dell’ISE. L’ultimo aggiornamento è stato fatto nel 1989.
Nell’ultima ricognizione del 2012, 2 milioni di porzioni di terreno non figuravano nella banche dati e sopra c’erano 1,2 milioni di edifici.
Rapporto ISTAT del 2020: su 100 case nuove 6 sono abusive al Nord, 17 al Centro e 46 al Sud.
A conti fatti che cosa succede ai proprietari di prima casa? Sono 19,5 milioni se vale di più o vale di meno.
Chi pagherà di più con la riforma del catasto?
Da precisare che da anni sulla prima casa non si paga l’Imu, e non sta scritto da nessuna parte che si comincerà a pagarla, indipendentemente dal valore (a meno che non sia classificata di lusso, era così anche prima e pare pure giusto). Noi italiani siamo i più tassati e anche quelli che evadono di più. E’ evidente che se chi può sfuggire alle tasse non le paga, a pagarle sono tutti gli altri.
Cosa cambia con la riforma del catasto?
Nel caso della revisione del catasto: in tutti i paesi civili il valore degli immobili è accatastato a valori di mercato, e aggiornato ogni due anni. E questa è una questione tecnica. Su quanto applicare le tasse è una decisione politica rimandata alla prossima legislatura. La revisione in corso, ripeto, praticamente slittata al prossimo governo, non nascondeva nessuna tassa (a parte far emergere gli immobili fantasma e abusivi).
Il primo effetto lo vediamo subito: chi ha una seconda casa o un negozio in una zona che si è degradata oggi dovrebbe pagare di meno, al contrario chi possiede immobili in zone che si sono riqualificate dovrebbe pagare un pò di più.
Siccome la parola “tassa” non deve essere pronunciata, rimane tutto invariato fino al 2026.